giovedì 29 marzo 2018

Vita di una scolta: Com'è iniziato tutto pt.1

Abbiamo intervistato Roberta, una ragazza che ha fatto scoutismo per molti anni, e le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza all'interno degli scout. Ecco le 18 domande più comuni che vengono fatte ad uno Scout:


1-Cosa ti ha spinto a provare questa esperienza?
Sinceramente odiavo gli scout, non li sopportavo, odiavo l’idea di vederli a stretto contatto con la natura, con gli animali, di andare in giro con quei vestiti, di camminare così tanto, di sporcarmi e di fare tutto ciò che per me era anormale, in quanto ragazza perfettina.
Più volte un collega di mio padre, facendo parte della famiglia scout, mi ha chiesto di provare ma senza esiti positivi. Dopo i miei mille ‘no’ sono stata sollecitata, se non costretta, dai miei genitori a provare.
Perciò un sabato pomeriggio, essendoci l’inaugurazione del nuovo anno, ci siamo avviati verso la sede scout ed entrai a far parte di questo strano, complicato ma bellissimo mondo.
Se non fosse stato per i miei genitori, per la loro insistenza e per la loro voglia di farmi fare nuove amicizie, di approcciarmi con altre persone, io non sarei qui a raccontarvi questa mia meravigliosa esperienza.
2-Cosa ti ha spinto a voler proseguire?
Sicuramente le nuove amicizie, lo stare insieme, il sentirmi bene e a mio agio, giocare, divertirmi, essere spensierata, essere felice, sempre con il sorriso in bocca.
Ma anche i giochi, le canzoni, le riunioni, le uscite ovvero quelle cose semplici che racchiudevano la parola Scout.
Le cose che facevamo, che io non conoscevo, mi incuriosivano tantissimo, mi facevano venire voglia di proseguire, di entrare in quell’ottica e di scoprire sempre più cose.
3-Com’è stato il tuo primo campo?
Il mio primo campo come si deve è stato a Roma. E’ durato una settimana, è stato bellissimo ma duro e pesante allo stesso tempo. Erano presenti tutti gli scout del mondo (francesi, inglesi, spagnoli, italiani ecc). In quell’occasione abbiamo fatto un gemellaggio ovvero aggrevavano pattuglie straniere alle nostre in modo tale da poter condividere tutto, giochi, sfide, corse, lunghe camminate, i vari hike, tutte le costruzioni, i sorrisi, i pianti. Era fantastico poter mettere a confronto le tradizioni, le usanze, i costumi, le religioni, i modi di pensare, le lingue delle pattuglie straniere anche se, delle volte, risultava molto complesso.
Ho imparato e vissuto moltissime cose in questo campo. Delle volte mi venivano persino delle crisi di pianto. Il mio primo anno, il mio primo campo, la mia prima pattuglia, il mio primo ruolo.. mille emozione insomma. Ho imparato a saper dormire da sola, ad apprezzare la bellezza della natura, del cielo e dei suoi componenti, le stelle guardate la sera davanti ad un fuoco insieme a tantissimi ragazzi che come me avevano intrapreso questo cammino, l’aria fresca e pura, riuscire adattare e arrangiare, il saper farsi carico delle proprie scelte e di prendersi delle responsabilità, il saper farsi ascoltare e riuscire ad ascoltare, il farsi valere ma anche il riuscir a ridere fino ad avere i crampi allo stomaco e le lacrime agli occhi, il riuscire ad accendere un fuoco e ad alimentarlo, montare una tenda, riuscire a non vergognarmi, ad urlare di gioia, ad essere esausti ma avere sempre voglia di proseguire, di lavorare arrivando così all’ultimo giorno distrutti ma colmi di gioia. Insomma ho imparato veramente moltissimo e sono riuscita a superare i miei limiti e le mille peripezie che si sono messe davanti al mio cammino.
4-Ti sei mai vergognata di indossare l’uniforme davanti ad altre persone o di dire ai tuoi amici di essere scout?
Si, più volte.
Spesso lo nascondevo ai miei amici forse per i troppi giudizi dati nel modo di vestirsi o nelle attività che, a parer loro, erano inutili. Provavo maggiormente vergogna quando a Pasqua e a Natale, vestiti in uniforme, dovevamo andare casa per casa o in giro per i negozi per vendere dei lavoretti da noi creati. Essendo ancora piccola mi vergognavo a mostrarmi davanti agli altri con l’uniforme e le ceste. Non capivo che dovevo essere fiera di ciò che stavo facendo e di ciò che ero, d’altronde non stavo mica rubando. Fortunatamente la vergogna svanì piuttosto rapidamente e in poco tempo fui io a dare coraggio alle altre ragazze.
5-Qual è la frase di B.P che ti piace di più? E Perché?
Temo di non poterne scegliere solo una. Sono molte le frasi di B.P. che mi piacciono ma se proprio devo fare una scelta le mie frasi preferite sono senza dubbio:
“Chi non ha mai sbagliato non ha mai fatto nulla”.
Io penso che ognuno debba sempre provarci, vada come vada, almeno sa di aver dato il massimo e di non avere alcun rimpianto.
“Sforzati sempre di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere”
Questa frase mi fa capire che dobbiamo cercare di essere sempre positivi, di non scoraggiarci al primo ostacolo, di non rinunciare subito, di provarci, e ricominciare dopo ogni tempesta perché accanto avremo solo l’arcobaleno.
“Non esiste buono o cattivo tempo ma solo buono o cattivo equipaggiamento”
Non dobbiamo farci ostacolare dai fattori climatici. Quando piove o quando c’è troppo caldo non dobbiamo necessariamente rimanere a casa. E’ giusto attrezzarsi per vivere l’esperienza nonostante ciò che la natura ci riserva.
E in fine, ma non per importanza “Nessun profumo vale l’odore di quel fuoco”
Una delle frasi più vere che abbia mai sentito, nessun profumo può essere paragonato all’odore del fuoco in quanto dentro quest’ultimo vi è racchiusa tutta l’esperienza della serata.
6-Cosa hai pensato inizialmente delle attività svolte e dei bans?
Che era roba da bambini anche se, studiandoli e capendoli, ho dedotto che mi piacevano e non vedevo l’ora di impararne altri e di metterli in atto, insieme ad altre persone, coinvolgendo quante più persone possibili, scherzandoci su, creando delle sfide (cosa che ti dava una carica in più). Anche se sembravamo idioti eravamo motivati perché ci permettevano di usare la nostra immaginazione e di essere protagonisti.
7-Com’è stato integrarsi in un gruppo?
Beh inizialmente difficile, perché ognuno aveva differenti abitudini, caratteri, modi di pensare, impegni.
Era complicato riuscire a riunirci anche se, con il passare del tempo, diventando amici, si sono risolte tutte le problematiche iniziali e, quindi, siamo riusciti a capirci facilmente condividendo del tempo e stando insieme.
8- Qual era il tuo ruolo negli scout?
Sin dall’inizio mi è stato affidato l’incarico di capo pattuglia. Ero quindi io a dover guidare 13 ragazze. Il compito più difficile era senza dubbio riuscire a fare dei progressi senza discussioni e cercando di instaurare un rapporto di complicità.
9-Racconta l’esperienza più bella fatta agli scout.
Significativi sono stati senza dubbio il momento della promessa e quello della seconda classe ma l’esperienza più bella è stata quella fatta a Piazza Armerina dato che ero più grande, più cosciente, avevo più conoscenze. Quando mi hanno chiamata davanti a tutti per fare l’hike ero super contenta. Fare questo passo significava tutto per me perché me l’ero meritato anche se, a causa della mia compagna di avventura, alla fine non ho potuto fare questa esperienza. In ogni caso tutte le uscite svolte sono sempre un qualcosa di meraviglioso e magico che lasciano sempre qualcosa che porterò dentro di me per tutta la vita.



To be continued...

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